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10 ago 2021

Kafka incontra Bolkenstein





L'odio per la libera concorrenza nel Belpaese è un tratto caratteristico che accomuna politici, media, magistratura, accademia, corporazioni, sindacalisti e burocrati. La sola menzione del termine provoca una violenta fitta al fegato con conseguente squirting di bile. Concorrenza, privatizzazioni, meritocrazia, impresa sono parole scurrili nei salotti buoni e nei convegni di mezze tacche imbullonate in posizioni apicali grazie ai servigi inconfessabili resi agli esponenti del sottobosco politico.



La direttiva EU, conosciuta come Bolkenstein, il Commissario che la emanò nel 2006, impone che le concessioni pubbliche siano messe a gara periodicamente e vieta i rinnovi automatici delle medesime.

Da 15 anni tutti i governi italiani di destra, sinistra, populisti e sedicenti europeisti hanno sabotato pervicacemente la sua applicazione. Ne è scaturita una kafkiana sequenza di interventi tra TAR, CEDU, Consiglio di Stato, Procure, Autorità Antitrust, Regioni, Comuni. Mancano esercito, Sismi, Comitato Tecnico-Scientifico e Protezione Civile, ma non si esclude di coinvolgere anche queste onorate istituzioni.

Ad ottobre dovrebbe essere pronunciata in materia la Madre di Tutte le Sentenze. Ma visto lo stato pietoso della Giustizia italiana difficilmente si metterà la parola fine a questa saga dell'assurdo. Ci sono circa 17 mila concessioni in ballo, con un indotto che per molte realtà locali rappresentano la maggiore fonte di sostentamento.