Trump ha scelto J.D. Vance, un senatore dell'Ohio di prima nomina, fervente anti-globalista, anti-abortista, isolazionista, statalista, anti-immigrazione, simpatizzante dei sindacati, interventista in economia e convertito alle posizioni MAGA senza avere acquisito significative esperienze di governo.
Un personaggio che non porta in dote a Trump qualche fetta di elettorato al suo seguito, ma che combina il peggio delle posizioni della destra sui diritti civili con il peggio delle misure economiche di sinistra. Per di più offre il fianco ad accuse elettoralmente pesanti per la sua posizione intransigente sull'aborto da cattolico fondamentalista.
Vance propone che Stato protegga i colletti blu dalla concorrenza e aumenti il salario minimo a 20 dollari l'ora. Condivide le posizioni di Lina Khan, il boss della Federal Trade Commission che ha attaccato a testa bassa i titanio del settore tecnologico. Giudica le grandi aziende antiamericane perché hanno esteso le loro catene di approvviggionamento su scala globale.
Vance ritiene che il blocco dell'immigrazione e l'aumento dei dazi sono un modo per aumentare la produttività in patria, incrementare i salari e rafforzare l'industria americana. Insomma una concezione dell'economia vecchia di quattro secoli.
Il suo unico merito è la fedeltà all'ex presidente, avendo dichiarato che, trovandosi al posto di Mike Pence, avrebbe assecondato il tentativo di ribaltare il risultato elettorale culminato con l'assalto al Capitol Building del 6 gennaio 2021.
Al di là della sua storia personale, è una figura che merita attenzione perché di fatto è assurto ad erede designato di Trump, quindi rappresenta il volto nuovo del MAGA e la sua continuazione.
La politica del MAGA nata come slogan per gonzi e connotazione confua per l'ambizione di un uomo privo di convinzioni ideologiche, ora potrebbe evolvere in un programma di governo che si estende oltre il 2028.
Il pericolo più grave per l'Europa del ticket Trump - Vance riguarda l'isolazionismo nutrito da Trump. Il sostegno all'Ucraina potrebbe volatilizzarsi e quindi a Putin verrebbe offerta la vittoria su un piatto d'argento. Su Taiwan, le opinioni di Vance non sono chiare, mentre Trump sostiene che l'isola dovrebbe pagare per la protezione americana dalla Cina e ha accusato i tawanesi di aver "rubato" l'industria dei chip all'America.
L'interpretazione più benevola è che Trump si renda conto che permettere a Vladimir Putin di scatenarsi in Ucraina lo farebbe apparire debole come lo è stato Biden col ritiro dall'Afghanistan e più di ogni altra cosa un egocentrico come Trump detesta apparire debole. Ma in cosa si concretizzerebbe il suo contrasto a Putin è tutto da vedere.
In sintesi la presidenza Trump potrebbe rivelarsi un disastro per chi crede che la politica estera sia espressione della forza morale, che il commercio internazionale stimoli la produttività e che l'immigrazione sia una fonte di rinnovamento e vitalità.
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20 lug 2024
5 lug 2024
A che punto è la Cina?
E' ormai incontrovertibile che il Partito Comunista Cinese stia perseguendo una strategia di politica economica incentrata sull'espansione del settore manifatturiero e quindi dell'export. Una strategia indebitamente aggressiva che viola sfacciatamente lo spirito e la lettera delle regole che presiedono al commercio internazionale.
Pertanto Xi Jinping rifiuta di imprimere lo stimolo ai consumi privati che da più parti viene invocato come imprescindibile per lo sviluppo di un'economia moderna. Ma se fino al 2001 (anno di ingresso della Cina nel WTO) il modello di crescita export-led poteva avere un senso perché le dimensioni dell'economia cinese erano ancora modeste, al giorno d'oggi un paese che conta per il 20% del commercio mondiale destabilizza tutta l'economia mondiale con una politica neo mercantilista.
Infatti la strategia di Xi Jinping incentrata su sussidi alla produzione ha spinto le imprese cinesi ad investire in macchinari e capacità produttiva. Di conseguenza la sovraproduzione che non può essere assorbita dal mercato domnestico viene riversata in dumping sui mercati internazionali provocando ritorsioni protezionistiche non solo nei paesi Ocse ma anche nei paesi emergenti e nei BRICS.
I dazi fino al 50% che l'UE ha imposto da oggi sulle importazioni di auto elettriche cinesi sono solo un palliativo che potrebbe essere aggirato facilmente se le case automobilistiche cinesi aprissero fabbriche in Europa.
I vertici del PCC sono convinti che lo stimolo ai consumi avrebbe due effetti perniciosi.
1) Darebbe un'impulso all'economia di mercato che sfugge al controllo dei pianificatori
2) Stimolerebbe l'importazione di beni con il rischio che la Cina si trovi nella stessa situazione delle economie latino-americane negli anni 80.
Nel frattempo la crisi politica scoppiata a #Taiwan tra il neo-insediato Presidente Lai Ching Te e il Parlamento dove i deputati filo cinesi hanno la maggioranza, lascia presagire che Pechino voglia inserirsi nelle diatribe dell'isola per ritagliarsi uno spazio di influenza pervasiva invece di ricorrere ad un'attacco o a un blocco navale.
Pertanto Xi Jinping rifiuta di imprimere lo stimolo ai consumi privati che da più parti viene invocato come imprescindibile per lo sviluppo di un'economia moderna. Ma se fino al 2001 (anno di ingresso della Cina nel WTO) il modello di crescita export-led poteva avere un senso perché le dimensioni dell'economia cinese erano ancora modeste, al giorno d'oggi un paese che conta per il 20% del commercio mondiale destabilizza tutta l'economia mondiale con una politica neo mercantilista.
Infatti la strategia di Xi Jinping incentrata su sussidi alla produzione ha spinto le imprese cinesi ad investire in macchinari e capacità produttiva. Di conseguenza la sovraproduzione che non può essere assorbita dal mercato domnestico viene riversata in dumping sui mercati internazionali provocando ritorsioni protezionistiche non solo nei paesi Ocse ma anche nei paesi emergenti e nei BRICS.
I dazi fino al 50% che l'UE ha imposto da oggi sulle importazioni di auto elettriche cinesi sono solo un palliativo che potrebbe essere aggirato facilmente se le case automobilistiche cinesi aprissero fabbriche in Europa.
I vertici del PCC sono convinti che lo stimolo ai consumi avrebbe due effetti perniciosi.
1) Darebbe un'impulso all'economia di mercato che sfugge al controllo dei pianificatori
2) Stimolerebbe l'importazione di beni con il rischio che la Cina si trovi nella stessa situazione delle economie latino-americane negli anni 80.
Nel frattempo la crisi politica scoppiata a #Taiwan tra il neo-insediato Presidente Lai Ching Te e il Parlamento dove i deputati filo cinesi hanno la maggioranza, lascia presagire che Pechino voglia inserirsi nelle diatribe dell'isola per ritagliarsi uno spazio di influenza pervasiva invece di ricorrere ad un'attacco o a un blocco navale.
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