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5 lug 2024
A che punto è la Cina?
Pertanto Xi Jinping rifiuta di imprimere lo stimolo ai consumi privati che da più parti viene invocato come imprescindibile per lo sviluppo di un'economia moderna. Ma se fino al 2001 (anno di ingresso della Cina nel WTO) il modello di crescita export-led poteva avere un senso perché le dimensioni dell'economia cinese erano ancora modeste, al giorno d'oggi un paese che conta per il 20% del commercio mondiale destabilizza tutta l'economia mondiale con una politica neo mercantilista.
Infatti la strategia di Xi Jinping incentrata su sussidi alla produzione ha spinto le imprese cinesi ad investire in macchinari e capacità produttiva. Di conseguenza la sovraproduzione che non può essere assorbita dal mercato domnestico viene riversata in dumping sui mercati internazionali provocando ritorsioni protezionistiche non solo nei paesi Ocse ma anche nei paesi emergenti e nei BRICS.
I dazi fino al 50% che l'UE ha imposto da oggi sulle importazioni di auto elettriche cinesi sono solo un palliativo che potrebbe essere aggirato facilmente se le case automobilistiche cinesi aprissero fabbriche in Europa.
I vertici del PCC sono convinti che lo stimolo ai consumi avrebbe due effetti perniciosi.
1) Darebbe un'impulso all'economia di mercato che sfugge al controllo dei pianificatori
2) Stimolerebbe l'importazione di beni con il rischio che la Cina si trovi nella stessa situazione delle economie latino-americane negli anni 80.
Nel frattempo la crisi politica scoppiata a #Taiwan tra il neo-insediato Presidente Lai Ching Te e il Parlamento dove i deputati filo cinesi hanno la maggioranza, lascia presagire che Pechino voglia inserirsi nelle diatribe dell'isola per ritagliarsi uno spazio di influenza pervasiva invece di ricorrere ad un'attacco o a un blocco navale.
10 ago 2022
Le bufale sui social mascherano i fallimenti di Putin e Xi Jinping
Migliaia di bot (vergognosamente messi a disposizione degli autocrati da Facebook e Twitter) rilanciano la propaganda dei dittatori di Cina e Russia per sversarle sulle menti credule.
Notizie inventate di sana pianta su microchip di ultima generazione, missili ipersonici, sistema di armi mirabolanti fanno il giro del mondo. A cotali bojate abboccano, inghiottendo anche l'amo, le superlative menti della geopolitica da salotto e da talk show berlusconiani, oltre ai "giornalisti", eterni bamboccioni, pagati 10 euro a pezzo.
La geopolitica da ombrellone
Personaggi che fino a ieri confondevano i chip con i versi dei passeri, discettano degli straordinari progressi della Cina o delle avanzate dell'Armata Russa su tutti i fronti della galassia e le zone limitrofe.
Il mondo però, ahi loro, è sostanzialmente più complicato. Ad esempio, ammettiamo pure che la Cina fosse riuscita a produrre microchip da 7 nanometri come annunciato urbi et orbi. Chiunque abbia qualche nozione, anche approssimativa, sulla complessità della filiera produttiva, sa benissimo che ciò non implica la sostituzione delle importazioni di semiconduttori da Taiwan.
Veduta di Shanghai |
I missili ipersonici, di cui si vanta periodicamente Putin nella sua follia da zar con lo scolapasta in testa, come abbiamo più volte spiegato, esistono da decenni e non assicurano alcuna superiorità militare al regime mafioso instaurato dal KGB.
Le manovre cinesi al largo di Taiwan sono la reazione rabbiosa di un regime che ha perso consenso e forza propulsiva, ma dal punto di vista pratico certificano l'impotenza di un esercito arretrato e privo di esperienza sul campo.
L'invasione nei sogni bagnati
I cinesi dispongono al momento di 40mila marines, cioè truppe scelte da sbarco, e non abbastanza scafi per trasportarli tutti. Taiwan può contare fino ad un milione di riservisti oltre a circa 200mila soldati già pronti per difendere l'isola. Quindi un'invasione al momento è impensabile.
Ma se il regime comunista si intestardisse nella sua follia revanscista, al blocco di Taiwan l'Occidente potrebbe reagire con il blocco dello Stretto di Malacca, dove passa la maggior parte dell'import - export cinese e che quindi per l'economia riveste un'importanza vitale.
Per non parlare delle sanzioni che al momento stanno riportando la Russia, prima ai tempi dell'URSS, e poi a quelli delle anime morte dei servi della gleba. E potrebbero riportare la Cina alle carestie che causarono la morte di milioni di individui durante il maoismo.
18 giu 2022
Cornuti e vaccinati: il Covid in Cina
L'attenzione dei media italiani sulla Cina negli ultimi mesi è svanita, un po' per lo spazio dedicato all'invasione dell'Ucraina, ma anche perché le notizie dal paese dove è iniziata la pandemia, non sono gradite al milieu intellettualoide che inneggia ai dittatori di ogni risma e colore.
Il governo di Pechino aveva pomposamente proclamato la completa eradicazione del Covid dalle sue lande grazie alla politica "zero-Covid" e aveva magnificato gli effetti del vaccino autarchico (probabilmente sviluppato rubando informazioni alle aziende farmaceutiche occidentali). Invece i laboratori cinesi non sono stati in grado nemmeno di copiare le formule e i processi: di conseguenza il vaccino inoculato a centinaia di milioni di persone si è rivelato un intruglio largamente inefficace.
Da Zero Covid ai lazzaretti
Da quando a febbraio la pandemia ha ripreso vigore decine di milioni di persone sono state costrette a subire un ferreo lockdown (il caso di Shanghai è il più famoso) e che ancora oggi perdura in metropoli sconfinate come Tianjin.
Le restrizioni sono state sconvolgenti mentre i positivi sono stati internati in lazzaretti insalubri (ad esempio allestiti alla Fiera di Shanghai) dove il vero pericolo era il colera, non il Covid.La clamorosa balla secondo cui le dittature sarebbero più efficienti delle democrazie nel gestire le emergenze e fornire soluzioni adeguate, è stata ancora una volta sbugiardata dagli eventi. I propagandisti delle autocrazie dovrebbero quindi finire nella cloaca della Storia. Purtroppo in Italia il terreno per la semina delle balle è sempre fertile e ben concimato dal letame ideologico sparso a piene mani dagli URSSini e dai Caciari.
2 giu 2022
Biden lancia la sfida a Xi Jinping su Taiwan
Un tema urticante
Il tema non poteva essere più urticante per i vertici della nomenklatura cinese. Da sempre Pechino ha assegnato alla riunificazione con l'isola dove si rifugiarono le truppe nazionaliste del Kuomintang una priorità degna di miglior causa.Inversione di rotta
L'inversione di rotta sull'ambiguità strategica rappresenta un'altra conseguenza indiretta dell'invasione dell'Ucraina. L'appeasement verso tiranni e dittatori che anche Biden aveva perseguito fino al 24 febbraio, è finito finalmente nella pattumiera e il ricompattamento dell'Occidente a difesa dei diritti umani e dei valori democratici lascia ben sperare nel futuro.6 mar 2022
Tra i due litiganti in Ucraina la Cina gode?
Ma davvero la Cina puà essere considerato un alleato affidabile della Russia contro l'Occidente? La Cina si rifornisce dall'Ucraina di grano, di tecnologia militare, di materie prime e vi investe cospicui capitali che non amerebbe vedere in fumo. Anche astraendosi dai rapporti di amicizia tra i due paesi, alla leadership comunista l'invasione dell'Ucraina provoca problemi molto spinosi, perché il cataclisma geopolitico innescato dalla guerra, rischia di travolgere i fondamenti dell'economia cinese.
La Cina media tra i due litinganti
La Cina non può permettersi di rinunciare ai rapporti commerciali, finanziari e tecnologici con l'Occidente e vuole diventare un partner essenziale nella transizione ecologica. Inoltre il ricompattamento dell'Occidente e della Nato peserà moltissimo nelle decisioni sulla possibile invasione di Taiwan già piuttosto incerta dopo il lancio di Aukus.
In sostanza, tra i due litiganti in Ucraina, la Cina non gode troppo. Per questo motivo ha lanciato una frenetica attività diplomatica per mediare tra Putin e Zelensky con l'approvazione anche di Biden.
Nel frattempo Xi Jinping si è allineato alle sanzioni occidentali senza troppe esitazioni. Alla lunga questo conta più di mille parole.
14 nov 2021
Rapporti Cina USA: non sarà l'untorello Biden a spiantar Pechino
A partire dalle Olimpiadi invernali del febbraio 2022 e fino al 20° Congresso del Partito Comunista nel corso dell'anno, la Cina sarà al centro dell'attenzione globale, mentre Taiwan rimane il terreneo di scontro più gravido di conseguenze. L'accordo con gli USA sui cambiamenti climatici firmato a Glasgow va interpretato in questo contesto: la Cina vuole proiettare un'immagine positiva che rafforzi il suo soft power (incommensurabilmente inferiore a quello degli USA). A questo scopo ha in programma una serie di eventi che esaltino la competenza, il potere e la superiorità del governo, ma soprattutto del partito sotto la guida di Xi Jinping. ormai lanciato verso il ruolo di novello Grande Timoniere.
I mandarini comunisti faranno di tutto per prevenire proteste alle Olimpiadi da parte di cittadini stranieri indignati dai campi di “rieducazione” cinesi nello Xinjiang o dalla repressione in Tibet o magari dalla distruzione della libertà a Hong Kong o infine delle minacce a Taiwan. Infatti una rigida “bolla covid" impedisce agli stranieri di essere spettatore. Sul fronte interno, qualsiasi disaccordo in seno al PCC sarà seguito da brutali purghe. Le democrazie occidentali, con l'America in stato confusionale, rimangono in trance. Biden e Xi si sono parlati in video conferenza, dopo mesi di frizioni e scambi di accuse. Ma la politica estera di Biden appare senza timone. Una nota della portavoce della Casa Bianca Jen Psaki afferma burocraticamente che "I due leader discuteranno i modi per gestire responsabilmente la competizione ... così come i modi per lavorare insieme dove i nostri interessi si allineano" ... "Il presidente Biden chiarirà le intenzioni e le priorità degli Stati Uniti e sarà chiaro e sincero riguardo alle nostre preoccupazioni". Tradotto in italiano manzoniano, non sarà l'untorello Biden a spiantar Pechino.
23 mar 2021
La rivalità tra Cina e Usa torna in primo piano
Mentre la Cina enfatizza nel nuovo piano quinquennale la costruzione di un'economia interna meno dipendente dalle esportazioni e dalle condizioni economiche globali, la nuova amministrazione americana non intende discostarsi dalla politica aggressiva inaugurata da Trump. Nel summit tra USA e Cina tenutosi il 19 marzo ad Anchorage, capitale dell' Alaska, il nuovo Segretario di Stato Blinken ha esordito criticando pesantemente il suo omologo cinese sulla persecuzione degli Uiguri, sulla repressione ad Hong Kong, e sulle provocazioni contro Taiwan. La reazione cinese è stata altrettanto abrasiva.
Anche sul fronte commerciale Biden (che commentando il vertice si è detto orgoglioso di Blinken) ha confermato l'ostilità alle reti 5G basate sulla tecnologia Huawei. i dazi contro le importazioni cinesi, ma i mercati delle materie prime stanno registrando fortissime tensioni sui prezzi, mentre si registrano inusuali difficoltà sugli approvvigionamenti. Quindi se tali problemi dovessero aggravarsi un compromesso sarebbe necessario. Gli Usa possono esercitare un forte potere negoziale nei confronti di Pechino modulando le misure restrittive sull'esportazione di semiconduttori di alta gamma.
Sugli altri punti importanti in agenda Iran, Corea del Nord, Afghanistan e clima invece in Alska si è forgiata una minima convergenza di vedute, anche se non è chiaro quali saranno gli effetti pratci . In particolare Biden potrebbe riportare gli ayatollah al tavolo del negoziato sul nucleare sospesa da Trump, ma ancora in vigore per tutti gli altri contraenti.
Comunque l'economia cinese ha ancora parecchia strada da percorrere, innanzitutto riequilibrando lo sviluppo verso una crescita trainata dai consumi privati e non dagli investimenti pubblici. Inoltre proseguirà a grandi passi il processo di urbanizzazione: nel 2021 quasi 18 milioni di residenti nelle aree rurali (pari alla popolazione di di Svizzera e Portogallo) si trasferiranno nelle città, secondo le statistiche delle Nazioni Unite e pertanto in 5 anni il 65% dei cinesi vivrà in aree urbane. Per alimentare questo imponente trasferimento le autorità stanno pianificando la modifica del sistema hukou, un registro delle famiglie che frena l'emigrazione verso le città. Il nuovo hukou sarà basato su un sistema a punti che favorisca i giovani istruiti.
14 mar 2021
Uccelli Paduli Cinesi
Ne esce un quadro inquietante che getta una luce sinistra sul nuovo trattato tra Cina ed Unione Europea per la disciplina degli investimenti diretti (vedi il post Xi Jinping abbindola la Merkel). Prima di firmare questa aberrazione che rischia di penalizzare e depauperare le imprese europee e' necessario chiedere alla Cina di istituire un meccanismo giuridico internazionale indipendente dalle autorità cinesi per punire che viola le regole e rimuovere i politici che fiancheggiano i delinquenti.
8 mar 2021
Lo scatto della tigre cinese
Il governo cinese ha presentato gli obiettivi economici per il 2021 che possono essere riassunti in una dozzina di punti chiave:
- Crescita del PIL di oltre il 6%
- Oltre 11 milioni di nuovi posti di lavoro urbani
- Un tasso di disoccupazione urbano intorno al 5,5%
- Inflazione intorno al 3%
- Aumenti costanti sia del volume che della qualità delle importazioni e delle esportazioni
- Un equilibrio sostanziale nel saldo di bilancia dei pagamenti
- Crescita costante del reddito personale
- Un ulteriore miglioramento dell'ambiente
- Un calo di circa il 3% del consumo di energia per unità di Pil
- Una continua riduzione delle emissioni dei principali inquinanti
- Produzione di cereali di oltre 650 milioni di tonnellate
- Rapporto deficit / Pil intorno al 3,2%, leggermente inferiore a quello dello scorso anno.
Un programma ambizioso proiettato sul futuro e che si salda con la subdola diplomazia vaccinale che la Cina sta perseguendo per acquisire influenza in Asia e nei paesi emergenti.
3 gen 2021
Xi Jinping Abbindola la Merkel
La Cina e' stata per buona parte degli scorsi due millenni la potenza economica dominante nel mondo. Poi, a partire dalla rivoluzione industriale ha perso terreno sino a diventare un paese arretrato ridotto alla fame durante il regime maoista. Dall'avvento di Deng Xiaoping l'Impero di Mezzo ha risalito la china di un declino plurisecolare ed ora rivaleggia con gli Usa per la supremazia mondiale.
L'Unione Europea in questa rivalita' ancora non ha definito il proprio ruolo e rischia di fare la fine del proverbiale vaso di coccio. Per questo la firma del EU-China Comprehensive Agreement on Investment (CAI) assume un'importanza cruciale per il futuro del Vecchio Continente. Dopo sette anni di negoziati che contendevano alla tela di Penelope il primato dell'inconcludenza, all'improvviso la Merkel e Xi Jinping hanno raggiunto un accordo di massima che il Parlamento Europeo dovra' ratificare probabilmente in estate.
L'improvvisa accelerazione e' dovuta alla voglia della Merkel di coronare con un successo il semestre di presidenza tedesca della UE e l'urgenza di Xi Jinping di mettere la nuova amministrazione Biden di fronte a un fatto compiuto di enorme portata geostrategica. Purtroppo senza modifiche sostanziali i benefici del CAI per la UE sono di portata modesta anzi potrebbero rivelarsi controproducenti. Inoltre e' vergognoso che l'UE si presti a fare da lacche' del regime cinese che arresta i membri dell'opposizione a Hong Kong e perseguita gli Uiguri.
28 dic 2020
La Merkel si Piega a Huawei
La Germania ha calato pantaloni, sottane e biancheria intima assortita di fronte alle pressioni della Cina con cui da tempo vanta un robusto surplus commerciale. Il governo tedesco infatti ha varato un disegno di legge sulla sicurezza IT, che di fatto consente l'adozione della tecnologia Huawei per le reti 5G. La foglia di fico addotta per mettere in mano ai cinesi una infrastruttura cruciale sarebbero i tempi piu' lunghi necessari per impiantare tecnologia di Nokia ed Ericsson.
Eppure i paletti fissati dalla legge sono in pratica una farsa neanche tanto comica: non esistono metodi per assicurare che la multinazionale cinese non inserisca spyware per carpire informazioni da aziende e cittadini tedeschi (e gli stranieri con i quali comunicassero). Insomma la Germania ha approfittato della transizione negli Usa per mettere l'Amministrazione Biden di fronte al fatto compiuto. Uno strappo che rischia di compromettere la strategia di contenimento dell'espansione cinese e che ignora sfacciatamente il bullismo della Cina contro i paesi del Pacifico alleati dell'Occidente, ad esempio l'Australia. Oltretutto la Cina sta anche premendo sui paesi dell'Unione Europea per firmare in tempi rapidi il ‘Trattato sugli investimenti diretti’, che viene negoziato da otto anni e riguarda temi fondamentali: l’accesso dei mercati cinesi, la reciprocità dei trattamenti tra Europa e Cina, le regole sui sussidi, il raggio di azione delle aziende di stato, ecc.
La Merkel voleva arrivare a firmare una bozza per coronare il semestre di presidenza UE della Germania, ma Xi Jinping ha menato il can per l’aia, in attesa di conoscere il risultato delle elezioni presidenziali in Usa. Nelle ultime settimane invece da Pechino e' arrivata una spinta propulsiva per la firma. Il Presidente cinese ha parlato con la Cancelliera tedesca prima e poi con Presidente Macron. Sulla stampa ufficiale di Pechino il tema trovava ampio spazio. Ma sarebbe un errore fatale per l'Ue farsi incastrare in un accordo che promette tanto sulla ma che non prevede alcun meccanismo di enforcement e le cui regole possone essere facilmente ignorate da uno stato totalitario.
24 nov 2020
L'Australia nel Mirino della Cina
I rapporti tra Australia e Cina da anni non sono propriamente idilliaci a dispetto degli intensi rapporti commerciali che ammontano a 120 miliardi di dollari. Il novero delle frizioni e' cresciuto nel tempo e con l'avvento di Trump l'Australia ha imboccato decisamente una rotta di collisione con le sensibilita' cinesi. Ad esempio l'Australia ha bandito Huawei dalle infrastrutture 5G e approvato una legge contro gli investimenti stranieri (che colpiva soprattutto quelli cinesi).
Lo scoppio della pandemia ha esacerbato le tensioni. Ad aprile l’ambasciatore cinese a Canberra aveva criticato il governo australiano per essersi accodato alla richiesta americana di un’indagine internazionale sull’origine dell'epidemia di Covid-19. Il diplomatico aveva avvertito che compiacere gli Stati Uniti poteva essere “pericoloso”, perche' avrebbe comportato il boicottaggio delle importazioni australiane.
La faccenda si era stemperata, fin quando politici e media australiani hanno stigmatizzato l'espulsione di deputati di opposizione dall'assemblea legislativa di Hong Kong. Da Pechino e' partita una secca minaccia di ulteriori sanzioni commerciali. In pratica il governo cinese ha intimato agli importatori lo stop agli acquisti di almeno sette categorie di prodotti australiani: carbone, orzo, minerale di rame e concentrato, zucchero, legname, vino e aragoste (che per il 90% finiscono sulle tavole dell'Impero di Mezzo). Insomma Xi Jinping intende fare un esempio dell'Australia per dissuadere altri paesi del Pacifico dall'allinearsi agli USA. [Vedasi anche https://energiaoltre.it/carbone-australia-cina/]
La risposta di Canberra pero' ha lasciato pochi dubbi sulla determinazione a resistere al bullismo cinese:
"Il governo australiano prende decisioni valide nel nostro interesse nazionale e in conformità con i nostri valori e processi democratici aperti", ha detto un portavoce del Dipartimento degli affari esteri e del commercio. "Siamo una società democratica liberale con mezzi di comunicazione liberi e una democrazia parlamentare, dove i membri eletti ei media hanno il diritto di esprimere liberamente le loro opinioni".
Il governo britannico e' stato tra i pochi, se non l'unico, a manifestare solidarieta' ai cugini il cui capo di stato è ancora la Regina Elisabetta, stigmatizzando il bullismo cinese. Gli altri leader (incluso Trump) invece si sono trovati tutti uniti nella strategia dello struzzo.
Ma comunque le sanzioni cinesi hanno avuto un gravissimo effetto sulle esportazioni di vini australiani in Cina che praticamente si sono azzerate. Recentemente e' stato suggerito di impostare una strategia comune di reazione per tutto l'Occidente contro la Cina, in analogia all'articolo 5 del Trattato Nato. Ogni aggressione sul piano economico ad un paese membro deve essere considerata un'aggressione a tutti i membri dell'Alleanza e quindi innescare un processo di difesa comune imcentrato su ritorsioni commerciali. Nota: Per chi volesse un'analisi storico-politica approfondita sulle relazioni tra Australia e Cina consigliamo questo documento del Parlamento Australiano
https://www.aph.gov.au/sitecore/content/Home/About_Parliament/Parliamentary_Departments/Parliamentary_Library/Publications_Archive/CIB/CIB9697/97cib23