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18 giu 2022

Cornuti e vaccinati: il Covid in Cina



L'attenzione dei media italiani sulla Cina negli ultimi mesi è svanita, un po' per lo spazio dedicato all'invasione dell'Ucraina, ma anche perché le notizie dal paese dove è iniziata la pandemia, non sono gradite al milieu intellettualoide che inneggia ai dittatori di ogni risma e colore.

Il governo di Pechino aveva pomposamente proclamato la completa eradicazione del Covid dalle sue lande grazie alla politica "zero-Covid" e aveva magnificato gli effetti del vaccino autarchico (probabilmente sviluppato rubando informazioni alle aziende farmaceutiche occidentali). Invece i laboratori cinesi non sono stati in grado nemmeno di copiare le formule e i processi: di conseguenza il vaccino inoculato a centinaia di milioni di persone si è rivelato un intruglio largamente inefficace.


Da Zero Covid ai lazzaretti

Da quando a febbraio la pandemia ha ripreso vigore decine di milioni di persone sono state costrette a subire un ferreo lockdown (il caso di Shanghai è il più famoso) e che ancora oggi perdura in metropoli sconfinate come Tianjin. Le restrizioni sono state sconvolgenti mentre i positivi sono stati internati in lazzaretti insalubri (ad esempio allestiti alla Fiera di Shanghai) dove il vero pericolo era il colera, non il Covid.

La clamorosa balla secondo cui le dittature sarebbero più efficienti delle democrazie nel gestire le emergenze e fornire soluzioni adeguate, è stata ancora una volta sbugiardata dagli eventi. I propagandisti delle autocrazie dovrebbero quindi finire nella cloaca della Storia. Purtroppo in Italia il terreno per la semina delle balle è sempre fertile e ben concimato dal letame ideologico sparso a piene mani dagli URSSini e dai Caciari.