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31 gen 2023

Corea e Giappone pensano alle armi atomiche mentre solidificano i legami con la Nato


Il Ministro della Difesa USA Lloyd Austin e quello sudcoreano Lee Jong-sup in una conferenza stampa congiunta a Seoul hanno annunciato un accordo per intensificare le esercitazioni militari congiunte nel 2023, anche organizzando una «dimostrazione combinata di fuoco congiunto su larga scala».

Gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno inoltre concordato di «continuare a dispiegare risorse strategiche statunitensi in modo tempestivo e coordinato». Austin ha specificamente menzionato che gli F-22 e F-35, così come i gruppi di attacco delle portaerei, sarebbero stati probabilmente coinvolti.





Questo è l'ultimo avvertimento alla Corea del Nord e soprattutto ai cinesi, che la misura è colma e che alle continue provocazioni di Kim Jong Un con i lanci di missili balistici a lungo raggio la Corea del Sud risponderà con un programma nucleare.

Un po' più a est il Giappone ha oramai abbandonato il riflesso condizionato pacifista ed è impegnato in un cospicuo programma di riarmo. I partiti di opposizione a Tokio contestano l'aumento delle spese per la difesa ma trovano scarsissimo appoggio nell'opinione pubblica.

Le proteste contro la spesa militare in un paese situato a distanza ravvicinata da Cina, Russia e Corea del Nord hanno suscitato la stessa popolarità dell'herpes. Peraltro Tokyo acquisterà dagli USA i missili da crociera Tomahawk, capaci di colpire tutta la penisola coreana. Più in generale, all'ultimo vertice tra il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente degli USA Joe Biden è stato deciso rafforzare il coordinamento tra i due giganti economici nelle difesa non tradizionali come lo spazio. la guerra ibrida e la cybersecurity.

Questa nuova fase di integrazione operativa tra gli eserciti conferma che entrambi i paesi si preparano a combattere una guerra contro la Cina nello Stretto di Taiwan che Washington non sarebbe in grado di affrontare da sola.

Di fatto il Giappone è diventato un membro informale della NATO. All'ultimo summit del G7 Kishida ha esplicitamente dichiarato al presidente francese Emmanuel Macron che la «sicurezza dell'Europa e dell'Indo-Pacifico erano indivisibili». E per far seguire alle parole i fatti  ha siglato un accordo sull'accesso reciproco alle truppe con il primo ministro britannico Rishi Sunak e persino con Giorgia Meloni ha stretto un patto per migliorare i legami di difesa. 


23 mar 2021

La rivalità tra Cina e Usa torna in primo piano


Mentre la Cina enfatizza nel nuovo piano quinquennale la costruzione di un'economia interna meno dipendente dalle esportazioni e dalle condizioni economiche globali, la nuova amministrazione americana non intende discostarsi dalla politica aggressiva inaugurata da Trump. Nel summit tra USA e Cina tenutosi il 19 marzo ad Anchorage, capitale dell' Alaska, il nuovo Segretario di Stato Blinken ha esordito criticando pesantemente il suo omologo cinese sulla persecuzione degli Uiguri, sulla repressione ad Hong Kong, e sulle provocazioni contro Taiwan. La reazione cinese è stata altrettanto abrasiva.

Anche sul fronte commerciale Biden (che commentando il vertice si è detto orgoglioso di Blinken) ha confermato l'ostilità alle reti 5G basate sulla tecnologia Huawei. i dazi contro le importazioni cinesi, ma i mercati delle materie prime stanno registrando fortissime tensioni sui prezzi, mentre si registrano inusuali difficoltà sugli approvvigionamenti. Quindi se tali problemi dovessero aggravarsi un compromesso sarebbe necessario. Gli Usa possono esercitare un forte potere negoziale nei confronti di Pechino modulando le misure restrittive sull'esportazione di semiconduttori di alta gamma.

Sugli altri punti importanti in agenda Iran, Corea del Nord, Afghanistan e clima invece in Alska si è forgiata una minima convergenza di vedute, anche se non è chiaro quali saranno gli effetti pratci . In particolare Biden potrebbe riportare gli ayatollah al tavolo del negoziato sul nucleare sospesa da Trump, ma ancora in vigore per tutti gli altri contraenti.



Comunque l'economia cinese ha ancora parecchia strada da percorrere, innanzitutto riequilibrando lo sviluppo verso una crescita trainata dai consumi privati e non dagli investimenti pubblici. Inoltre proseguirà a grandi passi il processo di urbanizzazione: nel 2021 quasi 18 milioni di residenti nelle aree rurali (pari alla popolazione di di Svizzera e Portogallo) si trasferiranno nelle città, secondo le statistiche delle Nazioni Unite e pertanto in 5 anni il 65% dei cinesi vivrà in aree urbane. Per alimentare questo imponente trasferimento le autorità stanno pianificando la modifica del sistema hukou, un registro delle famiglie che frena l'emigrazione verso le città. Il nuovo hukou sarà basato su un sistema a punti che favorisca i giovani istruiti.