La gara tra Usa e Cina per la supremazia economica e militare si sta intensificando. I progressi per produrre microchip sempre più minuscoli sono arrivati quasi ai limiti fisici. Il settore sta per subire una rivoluzione, un salto quantico, che si trasmetterà a tutto il sistema economico e alle capacità militari delle maggiori potenze.
Gli Usa che sembravano sulla difensiva di fronte alla sicumera della Cina hanno recuperato la testa del gruppo e dopo aver imposto sanzioni sull'esportazioni di tecnologia verso la Cina stanno ampliando il divario. In sintesi è evidente che con il progressivo irrigidirsi delle sanzioni e del loro enforcement, la #Cina avrà forti difficoltà a reggere la competizione.
E' una sfida straordinaria dagli esiti imprevedibili perché si intreccia con gli sviluppi della Intelligenza Artificiale per la quale occorreranno capacità di calcolo gigantesche. Sam Altman CEO di OpenAI, sta cercando di raccogliere 7 trilioni di dollari a livello mondiale per costruire capacità produttiva tale da sfruttare appieno le capacità dell'IA generativa.
E' una cifra tre volte superiore al Pil dell'Italia e tale paragone mette a nudo come purtroppo in Europa, a parte qualche nicchia, la desertificazione innovativa è desolante da almeno venti anni.
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15 mar 2024
28 dic 2020
La Merkel si Piega a Huawei
La Germania ha calato pantaloni, sottane e biancheria intima assortita di fronte alle pressioni della Cina con cui da tempo vanta un robusto surplus commerciale. Il governo tedesco infatti ha varato un disegno di legge sulla sicurezza IT, che di fatto consente l'adozione della tecnologia Huawei per le reti 5G. La foglia di fico addotta per mettere in mano ai cinesi una infrastruttura cruciale sarebbero i tempi piu' lunghi necessari per impiantare tecnologia di Nokia ed Ericsson.
Eppure i paletti fissati dalla legge sono in pratica una farsa neanche tanto comica: non esistono metodi per assicurare che la multinazionale cinese non inserisca spyware per carpire informazioni da aziende e cittadini tedeschi (e gli stranieri con i quali comunicassero). Insomma la Germania ha approfittato della transizione negli Usa per mettere l'Amministrazione Biden di fronte al fatto compiuto. Uno strappo che rischia di compromettere la strategia di contenimento dell'espansione cinese e che ignora sfacciatamente il bullismo della Cina contro i paesi del Pacifico alleati dell'Occidente, ad esempio l'Australia. Oltretutto la Cina sta anche premendo sui paesi dell'Unione Europea per firmare in tempi rapidi il ‘Trattato sugli investimenti diretti’, che viene negoziato da otto anni e riguarda temi fondamentali: l’accesso dei mercati cinesi, la reciprocità dei trattamenti tra Europa e Cina, le regole sui sussidi, il raggio di azione delle aziende di stato, ecc.
La Merkel voleva arrivare a firmare una bozza per coronare il semestre di presidenza UE della Germania, ma Xi Jinping ha menato il can per l’aia, in attesa di conoscere il risultato delle elezioni presidenziali in Usa. Nelle ultime settimane invece da Pechino e' arrivata una spinta propulsiva per la firma. Il Presidente cinese ha parlato con la Cancelliera tedesca prima e poi con Presidente Macron. Sulla stampa ufficiale di Pechino il tema trovava ampio spazio. Ma sarebbe un errore fatale per l'Ue farsi incastrare in un accordo che promette tanto sulla ma che non prevede alcun meccanismo di enforcement e le cui regole possone essere facilmente ignorate da uno stato totalitario.
24 nov 2020
L'Australia nel Mirino della Cina
I rapporti tra Australia e Cina da anni non sono propriamente idilliaci a dispetto degli intensi rapporti commerciali che ammontano a 120 miliardi di dollari. Il novero delle frizioni e' cresciuto nel tempo e con l'avvento di Trump l'Australia ha imboccato decisamente una rotta di collisione con le sensibilita' cinesi. Ad esempio l'Australia ha bandito Huawei dalle infrastrutture 5G e approvato una legge contro gli investimenti stranieri (che colpiva soprattutto quelli cinesi).
Lo scoppio della pandemia ha esacerbato le tensioni. Ad aprile l’ambasciatore cinese a Canberra aveva criticato il governo australiano per essersi accodato alla richiesta americana di un’indagine internazionale sull’origine dell'epidemia di Covid-19. Il diplomatico aveva avvertito che compiacere gli Stati Uniti poteva essere “pericoloso”, perche' avrebbe comportato il boicottaggio delle importazioni australiane.
La faccenda si era stemperata, fin quando politici e media australiani hanno stigmatizzato l'espulsione di deputati di opposizione dall'assemblea legislativa di Hong Kong. Da Pechino e' partita una secca minaccia di ulteriori sanzioni commerciali. In pratica il governo cinese ha intimato agli importatori lo stop agli acquisti di almeno sette categorie di prodotti australiani: carbone, orzo, minerale di rame e concentrato, zucchero, legname, vino e aragoste (che per il 90% finiscono sulle tavole dell'Impero di Mezzo). Insomma Xi Jinping intende fare un esempio dell'Australia per dissuadere altri paesi del Pacifico dall'allinearsi agli USA. [Vedasi anche https://energiaoltre.it/carbone-australia-cina/]
La risposta di Canberra pero' ha lasciato pochi dubbi sulla determinazione a resistere al bullismo cinese:
"Il governo australiano prende decisioni valide nel nostro interesse nazionale e in conformità con i nostri valori e processi democratici aperti", ha detto un portavoce del Dipartimento degli affari esteri e del commercio. "Siamo una società democratica liberale con mezzi di comunicazione liberi e una democrazia parlamentare, dove i membri eletti ei media hanno il diritto di esprimere liberamente le loro opinioni".
Il governo britannico e' stato tra i pochi, se non l'unico, a manifestare solidarieta' ai cugini il cui capo di stato è ancora la Regina Elisabetta, stigmatizzando il bullismo cinese. Gli altri leader (incluso Trump) invece si sono trovati tutti uniti nella strategia dello struzzo.
Ma comunque le sanzioni cinesi hanno avuto un gravissimo effetto sulle esportazioni di vini australiani in Cina che praticamente si sono azzerate. Recentemente e' stato suggerito di impostare una strategia comune di reazione per tutto l'Occidente contro la Cina, in analogia all'articolo 5 del Trattato Nato. Ogni aggressione sul piano economico ad un paese membro deve essere considerata un'aggressione a tutti i membri dell'Alleanza e quindi innescare un processo di difesa comune imcentrato su ritorsioni commerciali. Nota: Per chi volesse un'analisi storico-politica approfondita sulle relazioni tra Australia e Cina consigliamo questo documento del Parlamento Australiano
https://www.aph.gov.au/sitecore/content/Home/About_Parliament/Parliamentary_Departments/Parliamentary_Library/Publications_Archive/CIB/CIB9697/97cib23
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