Da quasi un anno la situazione dell'Ucraina evoca un ottovolante. Dal blocco dei rifornimenti americani, all'invasione del Kursk; dalla campagna elettorale all'elezione di Trump; dal risveglio dell'Europa dopo il litigio in mondovisione tra #trump e #zelensky; dalla riappacificazione in #vaticano al tratto sulle risorse minerarie è stato un susseguirsi di agonie, successi, patemi, eroismi, scoraggiamenti e rinate speranze.
L'elezione di Trump ha costituito un mutamento epocale nella sostanza con cui l'America affronta le relazioni internazionali. Ma sull'Ucraina le varie fazioni che si contendono il potere all'interno dell'Amministrazione Trump (Rubio da una parte, JD Vance dall'altra) ancora non hanno trovato un punto di intesa. Quindi la superpotenza procede a tentoni mentre i dignitari sono intenti a compiacere il capo sondandone gli umori.
Ma a che punto è davvero la notte per l'Ucraina che non vuole sottomettersi alla dittatura di un criminale di guerra e combatte per difendere sé stessa e il resto d'Europa dall'aggressione di orde barbariche agli ordini di un tiranno sanguinario senza scupoli? Le profezie di sventura sull'imminente collasso del fronte per mancanza di truppe si sono rivelate le solite bufale diffuse a piene mani dalla propaganda russa. Tutte le analisi sull'imminente caduta di Pokrovsk hanno reso ridicoli i generali e gli "analisti" militari che le illustravano con dovizia di particolari.
Con la stabilizzazione del fronte il conflitto entra nella fase in cui l'esito si decide a livello economico e tecnologico. Da questo punto di vista gli ucraini sono in leggero, ma significativo vantaggio per due motivi.
1) la popolazione ormai è preparata o rassegnata alle privazioni e alle sofferenze inflitte dalle orde putiniane. Quindi dal punto di vista economico non si aspetta molto.
2) Il sostegno economico europeo continua e solidifica la capacità produttiva di armi, per cui a parte i sistemi di difesa antimissile l'Ucraina è in grado di reggere lo sforzo bellico.
La Russia al contrario ha sempre meno risorse dall'export di petrolio e sempre meno capacità di produrre armi sofisticate. La strategia di assalti disperati contro le fortificazioni ucraine è vieppiù autolesionista. Il problema per Putin è che altre strategie non sono nemmeno concepibili per un esercito poco sofisticato e totalmente sottoequipaggiato.