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18 apr 2024

Il Venture Capital in Italia

In tema di innovazione l'Italia non vanta grandi successi negli ultimi decenni. E soprattutto risente di una drammatica carenza di capitali per finanziare le start up innovative.

Tuttavia, dopo 15 anni di traversata nel deserto, seguita allo scoppio della bolla dotcom del 2001, in Italia si sta riattivando un significativo ecosistema di venture capital, che affonda le radici nel terreno dissodato da un mito come Elserino Piol. Molti lo ignorano, ma Piol è stato un protagonista assoluto del venture capital a livello mondiale. Anzi, per essere più espliciti, il venture capital è stato "inventato" da due personaggi: uno è Don Valentine, il fondatore del fondo Sequoia (tuttora tra i maggiori al mondo) e l'altro per l'appunto Elserino Piol.

Aveva iniziato in Olivetti portando a termine 180 investimenti in startup tra cui alcuni fondamentali per le tecnologie che usiamo ancora oggi. Ad esempio la ARM che iniziò a fare concorrenza alla Intel nella produzione di microchip era uno spin-off dell'Università di Cambridge finanziato da Piol.



Attualmente i fondi di venture capital italiani gestiscono masse tipicamente molto inferiori ai concorrenti francesi spagnoli e tedeschi, per non parlare della Silicon Valley o del Regno Unito. Purtroppo a livello di governo manca la consapevolezza che questa classe di investimenti costituisce un motore fondamentale dello sviluppo e dell'evoluzione di un'economia moderna. Autorevoli ministri, sostenuti dalla Presidente del Consiglio, danno l'impressione di puntare ad uno sviluppo fondato su attività di modesto valore aggiunto, come il piccolo artigianato, il commercio di prossimità, l'agroalimentare legato al territorio (il pecorino DOP) e il turismo più o meno di massa.

Si ignorano, quando non si avversano i settori del futuro dove l'Italia potrebbe vantare eccellenze: software per la robotica, biotecnologie, ingegneria spaziale, healthcare, tecnologie verdi. Peraltro esiste un'infrastruttura di ricerca anche accademica non pienamente sfruttata per lo sviluppo di applicazioni commerciali.

Con tutte la prudenza del caso però alcuni segnali indicano la prossimità ad un punto di svolta che permetterebbe di accelerare la creazione di startup in Italia e non soltanto nell'e-commerce o in altri settori ormai maturi. Il numero di fondi VC è sempre limitato e le disponibilità rasentano il ridicolo (poche decine di milioni di dotazione nei casi di maggior successo) e complessivamente investono circa 1 miliardo e mezzo all'anno. Ma con la Cassa Depositi e Prestiti è entrata in partita, la raccolta potrebbe espandersi. Sarebbe un impulso sostanziale all'economia italiana perché i ritorni sugli investimenti in startup superano di gran lunga quelli di qualsiasi programa pubblico o della più oculata politica industriale.

Insomma, per pagare pensioni, sanità, scuola, ricerca e quant'altro, occorre investire molto più in innovazione e molto meno in pecorino.