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22 dic 2021

Il New Green Deal è un Gosplan 2.0





L'efficientamento energetico degli edifici (che contano per circa il 25% delle emissioni di Co2) comporterà un gigantesco sforzo, non solo finanziario, ma anche organizzativo. Bisognerà riadattare tutti gli edifici pubblici e privati incluse le fabbriche per poter cogliere l'obiettivo zero net emissions. Però non è pensabile che un tale mastodontico impegno possa essere realizzato da milioni di soggetti in completa autonomia. Quindi è chiaro che lo Stato dovrà intervenire pesantemente per influenzare e, spesso, imporre le scelte oltre ad indicare gli strumenti.



Per quanto sia stato ampiamente esagerato nei resoconti dei media, la comunicazione dell'Unione Europea sul divieto di vendere o affittare gli edifici di classe energetica inferiore, ha rappresentato una salutare doccia gelata per il pubblico telelobotomizzato. La maggior parte della gente è convinta che la transizione ecologica sia un problema di qualcun altro, che i costi ricadranno sui "ricchi" e che l'Arcadia del ritorno alla Natura Incontaminata verrà perseguito senza traumi.

Nel momento in cui alle famiglie verrà pesantemente toccata o addirittura di fatto espropriata la parte più cospicua del loro patrimonio si renderanno conto che le loro tasche dovranno finanziare la decarbonizzazione. Ribaltare il paradigma energetico che ha permesso 300 anni di sviluppo e benessere implica che lo stato debba entrare in ogni minuto aspetto della vita quotidiana (dal trasporto all'alimentazione, dal riscaldamento ai computer).

Non è un caso che il terrore sui cambiamenti climatici venga brandito dagli orfani del Gosplan. Ma anche coloro che non sono orfani del comunismo, ma anzi lo praticano nella versione 2.0, cioè i leader cinesi hanno interesse a pompare la propaganda gretina. Secondo la Banca Mondiale, per soddisfare le esigenze della transizione ecologica su scala globale l'attuale capacità di produzione globale di minerali chiave come rame, cobalto e litio dovrà aumentare del 500% entro il 2050. E indovinate quale superpotenza ha un quasi monopolio su molti di questi materiali? La risposta articolata la trovate in questo post di Extrema Ratio

Anche l'Agenzia internazionale per l'energia (IEA), si è unita all'allarme: le forniture di minerali essenziali per i veicoli elettrici e le turbine eoliche dovranno aumentare drasticamente nei prossimi decenni per raggiungere gli obiettivi della Cop26.

21 nov 2021

Flop 26





Impegni solenni erano già stati annunciati con fanfare e pennacchi nelle precedenti conferenze sul clima (con relativi protocolli) di Montreal, Rio, Parigi (e altri luoghi più o meno esotici). La conferenza di Glasgow infatti è indicata come "Cop 26" perché l'hanno preceduta 25 consessi simili. E altrettanti flop. Il motivo di questa ipocrita esibizione di pubbliche virtù ambientaliste dietro cui si nascondono i privati vizi dei combustibili fossili è un Segreto di Pulcinella: per ridurre del 45% le emissoni di gas serra, la Co2 dovrebbe essere tassata così pesantemente da diventare un bene di lusso come lo Chanel No. 5. Persino l'auto elettrica, osannata come fulcro del futuro dell'umanità, provocherà problemi giganteschi. Secondo un rapporto dell'AIE, la produzione di un'auto elettrica richiede un input di minerali sei volte maggiore rispetto alla sua controparte a combustibili fossili, mentre un impianto eolico onshore ne esige nove volte più di una centrale elettrica a gas.



Tutti i leader mondiali, inclusi dittatori e autocrati, sanno perfettamente che un'inversione del paradigma di sviluppo degli ultimi 250 anni è politicamente impossibile. Nessun governo sopravviverebbe se proponesse agli elettori di spegnere il riscaldamento, disfarsi dei condizionatori, farsi le docce fredde, rinunciare all'auto, scordarsi i viaggi in aereo e cibarsi di vegetali e/o insetti. Pertanto i capi di stato e di governo, specialmente quelli dei paesi emergenti, continueranno a fare pubblica esposizione di virtù inesistenti, a beneficio dei giovani e degli illusi che manifestano nelle piazze, mentre nel frattempo coltiveranno i vizi privati del sistema economico basato sui combustibili fossili. L'unico che al momento assicura il benessere e lo sviluppo che chiede la maggioranza degli elettori.

14 nov 2021

Il G20 e la COP26 partoriscono un roditore di dimensioni non ragguardevoli





Come le precedenti venticinque COP, anche la COP26 ha partorito un roditore di dimensioni non ragguardevoli. Il consesso ha tolto le tende nella serata di sabato 13 novembre, con un giorno di ritardo sul ruolino di marcia, per dare tempo di adottare nel comunicato finale una formulazione che fosse abbastanza ambigua per soddisfare tutti ed impegnare nessuno. Il Patto sul Clima di Glasgow conferma l'obiettivo di contenere l'incremento medio delle temperature entro i 1,5° C e completa dopo sei anni l'Accordo di Parigi del 2015 da cui Trump aveva ritirato gli USA. Il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese António Guterres, lamenta che si tratta di "un compromesso, che riflette gli interessi, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo di oggi
". Lo stesso presidente della COP, Alok Sharma, ha parlato nella sua dichiarazione conclusiva ai media di una "vittoria fragile".

Molti nei giorni scorsi hanno puntato il ditino accusatore contro l'Arabia Saudita che avrebbe sabotato le nobili intenzioni degli intrepidi difensori dell'ambiente e del Pianeta. Sarebbe abbastanza sorprendente che un solo paese, per quanto influente, riesca ad imporre la sua volontà al mondo. Infatti sono stati i paesi emergenti sotto l'egida dell'India ad approvare, proprio l'ultimo giorno, un emendamento che rimanda l'abbandono del carbone al 2030 o anche oltre.



Ma le relazioni pericolose coinvolgono anche gli insospettabili: ad esempio nessuno esamina quale sia il ruolo, al di là della retorica, delle organizzazioni che si autodefiniscono ambientaliste. Oppure degli "scienziati" che pubblicano studi di non eccelso valore scientifico. Il Rockefeller Brothers Fund (secondo quanto riporta il suo stesso sito web) negli ultimi due anni ha donato a Greenpeace un bel gruzzolo da due milioni di dollari in notevole ascesa rispetto al 2019 quando il fondo aveva scucito appena 325.000 dollari. Ovviamente il bilancio delle fondazioni della famiglia Rockefeller non è composto interamente di petrodollari, ma non disdegna il generoso supporto ad esempio della Exxon.

Il punto cruciale comunque è di una straordinaria semplicità anche se viene tenuto sotto uno spesso strato di tappeti: per ridurre le emissioni di CO2 bisogna rendere questo gas un bene di lusso imponendo tasse da capogiro. Nessun politico avrà mai il coraggio di farlo. Quindi si continuerà a cincischiare sine die in queste conferenze sul clima fino a che la soluzione arriverà dalla tecnologia come sta avvenendo nel campo delle auto elettriche. Di sicuro non dai governi.