L'energia nucleare è da sempre la bestia nera di un variegato e colorito mondo di ecologisti, scienziati, politici e attivisti politici. Fino a pochi anni fa sembrava che in Occidente fosse stata posta la pietra tombale su qualsiasi velleità di riprendere la costruzione di centrali nucleari.
Poi gli obiettivi e gli impegni presi nella Coop26 a Glasgow sulla transizione ecologica, o #decarbonizzazione che dir si voglia, hanno riacceso i riflettori sull'energia nucleare, segnato la sua rimonta e riattizzato le polemiche.
Questa volta però l'opposizione al nuclerare è stata contestata persino da eminenti ecologisti americani che hanno fatto pubblico atto di contrizione asserendo che la loro ostilità era largamente miope.
In altri termini sta facendosi strada la consapevolezza che limitare a 1,5 gradi l'aumento di temperatura media del pianeta e azzerare le emissioni di CO2 nel 2050 non sarà possibile senza un sostanziale apporto dell'energia nucleare.
Inoltre l'aggressione diPutinall'Ucraina ha reso urgente per l'Europa affrancarsi dalle importazioni di gas e petrolio dalla Russia e quindi paure e avversioni nell'opinione pubblica stanno attenuandosi.
Tuttavia non sarà facile superare le resistenze delle popolazioni locali e la sindrome NIMBY sulla localizzazione degli impianti nucleari e i siti di smaltimento delle scorie radioattive.
L'efficientamento energetico degli edifici (che contano per circa il 25% delle emissioni di Co2) comporterà un gigantesco sforzo, non solo finanziario, ma anche organizzativo. Bisognerà riadattare tutti gli edifici pubblici e privati incluse le fabbriche per poter cogliere l'obiettivo zero net emissions.
Però non è pensabile che un tale mastodontico impegno possa essere realizzato da milioni di soggetti in completa autonomia. Quindi è chiaro che lo Stato dovrà intervenire pesantemente per influenzare e, spesso, imporre le scelte oltre ad indicare gli strumenti.
Per quanto sia stato ampiamente esagerato nei resoconti dei media, la comunicazione dell'Unione Europea sul divieto di vendere o affittare gli edifici di classe energetica inferiore, ha rappresentato una salutare doccia gelata per il pubblico telelobotomizzato.
La maggior parte della gente è convinta che la transizione ecologica sia un problema di qualcun altro, che i costi ricadranno sui "ricchi" e che l'Arcadia del ritorno alla Natura Incontaminata verrà perseguito senza traumi.
Nel momento in cui alle famiglie verrà pesantemente toccata o addirittura di fatto espropriata la parte più cospicua del loro patrimonio si renderanno conto che le loro tasche dovranno finanziare la decarbonizzazione. Ribaltare il paradigma energetico che ha permesso 300 anni di sviluppo e benessere implica che lo stato debba entrare in ogni minuto aspetto della vita quotidiana (dal trasporto all'alimentazione, dal riscaldamento ai computer).
Non è un caso che il terrore sui cambiamenti climatici venga brandito dagli orfani del Gosplan.
Ma anche coloro che non sono orfani del comunismo, ma anzi lo praticano nella versione 2.0, cioè i leader cinesi hanno interesse a pompare la propaganda gretina.
Secondo la Banca Mondiale, per soddisfare le esigenze della transizione ecologica su scala globale l'attuale capacità di produzione globale di minerali chiave come rame, cobalto e litio dovrà aumentare del 500% entro il 2050. E indovinate quale superpotenza ha un quasi monopolio su molti di questi materiali? La risposta articolata la trovate in questo post di Extrema Ratio