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11 nov 2021

Dal Reddito di cittadinanza al Reddito di inclusione




Una delle straordinarie lezioni di Milton Friedman, semplice quanto grandiosa, è riassunta nella frase
"Se paghi la gente che non lavora e la tassi quando lavora, non esser sorpreso se produci disoccupazione"
. Tale frase andrebbe affissa sulla porta di ogni ufficio pubblico e scritta sulle pareti di ogni sala di riunioni di governo centrale ed ente locale oltre che nei saloni del Quirinale al posto degli arazzi.



In tal modo si capirebbe il disastro prodotto dal reddito di cittadinanza, il più gigantesco meccanismo di voto di scambio mai attuato nella millenaria storia italica delle malversazioni governative. Non a caso criminali di vario conio hanno approfittato della generosità pubblica. Il lavoro manuale unskilled ormai è un fenomeno raro, soprattutto al Sud, dove con i circa 700 euro a cranio di regalia si vive senza troppi patemi. E comunque, se proprio si viene colti da un'insopprimibile voglia di lavorare, la cosiddetta economia sommersa offre ampie occasioni per arrotondare.

Il governo ha sbattuto rumorosamente sul piatto la riforma di questo incentivo al parassitismo e al lavoro nero, ma le proposte (ovviamente avversate ferocemente dai referenti politici dei perdigiorno) sono palliativi che non incidono significativamente sulle storture del sistema.

In questo video di qualche anno fa insieme ad Alberto Forchielli avevamo presentato una proposta per rendere impiegabili coloro che effettivamente incontrano delle difficoltà nella transizione ad un nuovo mestiere o professione eliminando gli incentivi perversi del Reddito di cittadinanza.



In poche parole il sussidio pubblico dovrebbe essere impiegato per il training in un'azienda che necessiti di professionalità non facilmente reperibili sul mercato. Così si eliminerebbe anche il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro che rappresenta un autentico scandalo dell'economia italiana.