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6 ott 2022

Quei 200 miliardi di menzogne sulla Germania egoista

Lo stato comatoso dell'informazione in Italia emerge come una cisti purulenta ogni volta che si parla di temi europei. Nella pletora di militonti di sinistra imbullonati in tutte le redazioni e della ciurma fascio comunista che infesta i talk show, scatta il riflesso pavloviano non appena la Germania mette in campo iniziative autonome o iniziative a livello comunitario.

Immediatamente si levano le grida indignate contro l'egoismo dei tedeschi, contro lo strapotere dei teutonici, contro gli egoisti del Nor Europa, contro l'attacco ai sacri interessi della Patria. Insomma la fetida retorica fascista vomitata all'indirizzo delle "potenze demo-pluto-giudaico-massoniche" viene rinverdita in chiave anti UE e anti tedesca, nell'eterna farsa dell'Italietta piccolo borghese, provinciale e ignorante.


Le lingue minkio-meloniane


Nelle redazioni le lingue più veloci a riposizionarsi su ogni nuovo deretano che plani sulle poltrone romane, da giorni diffondono menzogne contro il piano tedesco da 200 miliardi per attenuare l'impatto sulle famiglie e le PMI dello shock energetico. Una volgare esecrazione della Germania che secondo le lingue minkio-meloniane minerebbe le fondamenta dell'Unione Europea per perseguire i propri biechi interessi, ovviamente a detrimento dell'Italia povera e sfiancata dalle conseguenze della guerra. Nessuno che osi ricordare i 60 miliardi che l'Italia ha già speso per analoghi scopi senza che nessun lingua profferisse verbo.

Le stesse lingue entusiaste per l'imminente fine della pacchia decretata dal sacro suolo della Garbatella e la strenua difesa deli interessi nazionali. Invece gli esegeti del sano egoismo italiota oggi invocano l'Europa.




3 ott 2021

Le Elezioni Tedesche e i Conti Italiani



Le elezioni che contano sul serio per il futuro dell'Italia non riguardano i sindaci delle maggiori città. Le elezioni che decideranno in modo determinante il destino dell'Italia si sono tenute due settimane fa in Germania e il loro esito finale è ancora incerto. Il Bundestag è frammentato come neanche Montecitorio nella Prima Repubblica mentre il kamasutra delle coalizioni potrebbe produrre intrecci alquanto insoliti. La Merkel (che il 27 settembre ha battuto il record di permanenza al vertice del potere nel dopoguerra) lascia un paese privo di ambizioni, che all'interno ristagna accontentandosi di una mediocrità nemmeno troppo aurea e all'esterno, sul piano diplomatico, conta meno della Turchia, e si prostra alla Cina.



La novità viene in larga parte dal voto giovane che ha premiato i liberali e i verdi, cioè i due partiti che per motivi diversi incarnano la voglia di cambiamento. Il partito liberale in particolare ha presentato un programma articolato in più di 600 idee che spaziano dal mondo del lavoro, alla politica estera, alla scuola, ai diritti civili, all'economia, alla salute ad una nuova Europa, più forte e più unita. Infatti con rara solerzia i leader di questi due partiti hanno iniziato i negoziati per presentarsi con richieste comuni a Olaf Scholz il leader socialdemocratico che probabilmente riuscirà a spuntarla nella corsa alla Cancelleria.

A Berlino si deciderà la nuova governance dell'Unione Europea, incluso il ritorno a regole di bilancio rigorose per i paesi indebitati. Infatti dal 2023 si dovrà introdurre un nuovo Patto di Stabilità per l'eurozona che inevitabilmente metterà sotto pressione la politica fiscale italiana perché andrà approvato all'unanimità. I paesi con i conti in ordine non saranno molto inclini a cedere di nuovo come hanno fatto in passato sull'onda emotiva della pandemia. Anzi chiederanno ragione di come sono state impiegate le risorse del Recovery Fund. Con la fine dell'era Merkel l'Italia perde una sponda fondamentale al tavolo dei negoziati a Bruxelles. I suoi successori non avranno quegli occhi di riguardo di cui i governi italiani hanno beneficiato per quasi 20 anni.