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15 dic 2020

Hunter Biden, da Cacciatore a Preda





A piu' di un mese dall'inaugurazione di Joe Biden alla Presidenza degli Stati Uniti, i venti degli scandali gia' infuriano sui cieli di Washington. Il figlio Hunter, ha ammesso di essere sotto indagine di un Grand Jury per una evasione fiscale connessa ai rapporti con un fondo di private equity legato al governo di Pechino. Della vicenda aveva scritto il New York Post a ridosso delle elezioni, ma la notizia era stata censurata da giornali, televisioni (eccetto Fox News) e social media tutti schierati a favore di Biden. In Italia la cortina di silenzio e' stata ferrea. Al massimo qualche vago accenno in TV e un trafiletto ben celato nelle pagine interne.
Addirittura 50 personalita' con esperienza a livello senior nell'intelligence americana avevano firmato un documento in cui affermavano che si trattava di un'operazione di disinformazione orchestrata dai russi. Adesso che la notizia e' stata confermata questi esimi esperti di controspionaggio sono spariti dal radar mediatico.

La faccenda e' politicamente esplosiva perche' l'influenza della Cina sulle istituzioni e sull'economia americana da alcuni giorni e' stata posta in una luce sinistra da inchieste giornalistiche che coinvolgono deputati del Partito Democratico finiti nella rete di giovani spie cinesi che raccoglievano fondi per le loro campagne elettorali e che si infilavano persino sotto le loro lenzuola. Nella rete e' cascato come una pera Eric Swalwell, uno dei giovani astri nascenti dei Democratici. Paradossalmente era un critico feroce di Trump che accusava con veemenza di collusione con paesi stranieri. Dal gennaio 2015 era membro dell'House Permanent Select Committee on Intelligence (il Copasir americano) del Congresso dove si esaminano tutti i segreti piu' scottanti per la sicurezza nazionale. La Speaker della Camera Pelosi, pur informata delle relazioni pericolose di Swalwell con sospetti agenti stranieri, non lo ha rimosso dalla carica delicatissima.



Neanche Wall Street e' stata risparmiata: le grandi banche e i fondi hanno da tempo enormi interessi in Cina e quindi il governo cinese utilizzava il canale dell'alta finanza di New York per esercitare pressioni sui politici a Washington. Secondo Di Donsheng, professore alla Renmin University in Beijingcon, la presidenza Trump queste interferenze hanno trovato un ostacolo insormontabile perche' le relazioni tra Trump e Wall Street erano poco cordiali, anzi decisamente burrascose per faccende risalenti al soft default delle sue societa' immobiliari. Ad esempio durante la guerra commerciale USA-Cina Wall Street non ha toccato palla. Quanto al Presidente eletto Joe Biden (o Bidon?), sara' arduo insistere di non sapere alcunché degli affari del figlio Hunter (fonte costante di imbarazzo per la famiglia tra droghe e donnine allegre). E sara' ancora piu' difficile negare che nelle posizioni chiave dell'Amministrazione entrante sono state nominate personalita' notoriamente filocinesi.

Lunedì scorso, John Ratcliffe il direttore della National Intelligence degli USA (la rete di contro spionaggio) aveva affermato, in un'intervista a Tucker Carlson Tonight su Fox News, che sebbene la Cina non abbia ancora raggiunto gli Stati Uniti come la più grande superpotenza del mondo, i politici devono preoccuparsi dell'incombente minaccia che l'Impero di Mezzo rappresenta. L'intervista ha echeggiato il recente discorso di Mike Pompeo, Segretario di Stato, in sostanza un durissimo atto d'accusa alla Cina e al suo obiettivo di soppiantare gli Usa come potenza dominante attraverso furti di tecnologia e altri mezzi fraudolenti o poco ortodossi. Persino alla Nato e' scattato l'allarme rosso. Insomma il Chinagate come ormai viene definito lo scandalo potrebbe risultare fatale per la Presidenza Biden ancor prima di cominciare. I Repubblicani spingono per la nomina di un Procuratore Speciale che faccia luce sulle tresche della Famiglia Biden. Kamala Harris in questi giorni e' stranamente assente dalla scena. Forse e' impegnata a scaldarsi a bordo campo.