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11 ago 2021

La Tunisia sull'orlo della guerra civile





Il 25 luglio il Presidente della Repubblica tunisina Kaïs Saïed, dopo una riunione di emergenza con i vertici militari, e della sicurezza interna ha destituiito il Premier Hichem Mechichi e vari ministri, sospeso il Parlamento (e l'immunita' parlamentare) avocando la direzione della Procura della Repubblica per indagare personalmente sulla corruzione dei politici. Infine ha assunto il potere esecutivo nominando un nuovo primo ministro, Ridha Ridha Garsallaoui.

Kaïs Saïed, per giustificare questo terremoto politico ha invocato l'art. 80 della Costituzione che gli conferisce ampi poteri in situazioni di emergenza. Nel caso specifico, secondo Saïed, l'emergenza è determinata da una triplice confluenza di fattori: la pandemia, la crisi economica (-8.8% la caduta del Pil nel 2020) e la corruzione endemica.



Probabilmente a far precipitare la crisi è stata il rapporto della governatore dellla Banca Centrale della Tunisia, Abbasi, secondo cui il paese è in una spirale di tipo venezuelano o libanese (per rimanere nel bacino del Mediterraneo). La Tunisia ha appena rimborsato un prestito da 500 milioni di dollari agli USA contraendo un debito con le banche locali a un tasso elevato.

Ad agosto è previsto un altro rimborso di 500 milioni di dollari, ma le casse dello stato sono vuote e con un debito pubblico che ha raggiunto il 91% del Pil solo un intervento del FMI può evitare il tracollo. La riforme chieste da Washington sono pesanti: in particolare eliminazione dei sussidi e lo sfoltimento degli 800mila dipendenti pubblici (che rappresentano una zavorrra insostenibile pari al 17% del Pil). Il potente sindacato UGTT le vede come una minaccia esistenziale ed evoca rivolte nelle strade.

Se la Tunisia fallisce inizia il calvario della ristrutturazione dei debiti. L'accesso ai mercati internazionali sarebbe bloccato e con esso gli investimenti strutturali. La Tunisia ha chiesto sostegno alla Libia (che non è messa meglio), al Qatar, alla Turchia, alla Banca Africana di Sviluppo ma senza ottenere nulla di concreto.

Ovviamente sono partite immediatamente le reazioni di chi grida al colpo di Stato soprattutto dal partito islamista Ennadha che ha la maggiornaza relativa in Parlamento.

Tuttavia larga parte della popolazione (specie i giovani), stufa di una classe politica inconcludente e corrotta, appoggia l'operato del Presidente. Il motivo oltrepassa le motivazioni economiche: questa crisi è parte di una contesa molto più ampia che infuria in tutto il mondo arabo e islamico tra i Fratelli Mussulmani (sostenuti da Turchia) e Qatar e i governi laici e secolari. Insomma le tensioni rischiano di sfociare in una guerra civile che rischia di investire anche l'Italia con un flusso di rifugiati.