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23 nov 2022

Sono spariti gli svalvolati che invocavano più inflazione per tutti

Nell'epoca pre-Covid una nutrita masnada di svalvolati minkio-somaristi invocava l'inflazione, quando in Italia e nel resto di Eurolandia prevaleva una leggera deflazione. La masnada coincideva in larga parte con la galassia no-euro di destra e di sinistra (unite nella lotta) di cui erano esponenti di spicco, Salvini, Meloni, in parte anche Berlusconi, per non parlare di Di Maio, Di Battista e Grillo, con rinforzo di buontemponi come la Taverna che aveva prodotto un video in cui si scambiava un euro con mille lire (invece che 1932,27).



Ora che il loro desiderio e' stato esaudito, i masnadieri sono inspiegabilmente spariti dalla circolazione e si segnalano solo  nelle stalle televisive a ragliare di scostamenti di bilancio e diseguaglianze sociali. Eppure avrebbero una splendida occasione per spiegare al loro elettorato quali sono gli effetti benefici dei prezzi fuori controllo.

La MMT sparita dai radar


Ora che tutti hanno toccato con mano gli effetti sul portafogli dovrebbero mostrarsi coerenti insieme alla feccia della MMT, ovvero la Modern Monetary Theory, nota anche come Minkion Monetary Theory. Per chi non lo sapesse è il parto di alcune menti malate convinte che stampando pezzi di carta colorata i governi potrebbero garantire al popolo sempiterna ricchezza e felicità.

In Turchia dove il tasso annuale di inflazione è quasi a tripla cifra sarebbero felici di poter confrontarsi con cotali geni dell'economia tutte le persone che ogni mattina vedono aumentare il prezzo del pane o della carne, mentre l'aumento degli stipendi procede col freno a mano tirato, le rare volte che effettivamente procede.

Ma siamo sicuri che anche in Italia si potrebbe organizzare un bel dibattito -- con il pubblico di scalmanati che inveisce dalle piazze -- in uno dei tanti talk show che negli anni hanno dato spazio agli illustri propugnatori dell'economia demenziale. Invece inspiegabilmente i "giornalisti" non colgono un'occasione così ghiotta.

 

7 dic 2021

Tappeti volanti e zerbini in banca centrale





Una volta nell'Impero ottomano fiorivano leggende sui tappeti volanti. Oggi la realtà, molto più prosaica, si incentra sugli zerbini nominati da Erdogan al vertice della banca centrale.

L'inflazione annuale della Turchia a novembre ha raggiunto il 21,31%, il massimo da tre anni, esacerbando ulteriormente i rischi indotti dai recenti assurdi tagli dei tassi di interesse da parte della banca centrale che hanno provocato uno storico tonfo della lira contro il dollaro. Sotto lo schiaffo dal presidente Tayyip Erdogan, la banca centrale ha ridotto in due mesi il tasso di interesse dal 19% al 15%, spingendo i rendimenti reali per i risparmiatori in territorio negativo.





Il deprezzamento della valuta attraverso i prezzi delle importazioni avrà un effetto devastante sull'inflazione con previsioni che superano il 30%. Ma si tratta dell'inflazione ufficiale. Quella effettiva calcolata da analisti indipendenti è già nell'ordine dell'80%. Di fatto si tratta di un ritorno al passato, quando la Turchia era uno dei tanti casi disperati tra i paesi sottosviluppati. L'inflazione era spesso a tre cifre e quando periodicamente scoppiavano le crisi raggiungeva anche il 180%.