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20 dic 2020

Argentina, ovvero come sarebbe l'Italia fuori dall'euro





L'Argentina ci consente di capire quale sarebbe la situazione dell'Italia se non facesse parte dell'Unione Monetaria Europea e se non fosse soggetta al vincolo esterno imposto dalle istituzioni europee. Un'economia poco produttiva, con poche aziende innovative, in balia di una classe politica di infima qualita', votata da furbastri di bassa lega e con una valuta deprezzata che alimenta l'iperinflazione



Anzi sarebbe in una situazione molto peggiore, visto che l'Italia ha un territorio per lo piu' montuoso e poco fertile, mentre l'Argentina ha distese sterminate di terra dalla quale si producono enormi quantita' di derrate agricole, oltre a pascoli immensi con milioni di capi.

L'Italia ad esempio non potrebbe permettersi di mantenere il 55% degli occupati ufficiali come impiegati pubblici come avviene nella Pampa dove 3,2 milioni di parassiti gravano sulle spalle di chi lavora. Fabrizio Pravedoni racconta il baratro in cui e' precipitata la patria di Bergoglio, di nuovo in mano alla Kirchner. Una tragica Discesa agli Inferi di un'economia devastata dal peronismo piu' deteriore, dalla corruzione piu' sfacciata e dall'epidemia di Covid19 piu' devastante.

18 dic 2020

Corrado (M5S) nudo in doccia durante la videoconferenza





Potremmo dire che qualcuno ha recepito un malinteso senso della trasparenza.

Barack Hussein Biden nel Calderone Mediorientale





L'assetto politico del Medioriente durante la Presidenza Trump ha subito una trasformazione radicale ed imprevista. Determinati a depotenziare la minaccia iraniana (vera o presunta), Israele ed Arabia Saudita (fiancheggiata suoi alleati) hanno forgiato un rapporto di cooperazione sotto l'egida di Jared Kushner, ebreo e marito di Ivanka Trump. L'ultimo frutto di questa stagione e' il trattato di pace tra Marocco e Israele, dopo quelli storici tra lo stato ebraico, gli EAU e il Bahrain (denominati Accordi di Abramo).

In Arabia Saudita invece e' ancora in corso una feroce diatriba in seno alla famiglia regnante tra i pragmatici filo-americani -- guidati dal principe ereditario (di fatto gia' monarca) Mohammad Bin Salman (noto con la sigla MBS) -- e i pan-arabisti filo palestinesi devoti al ruolo di Custode delle Due Moschee assunto dalla Monarchia saudita. La presidenza Biden rischia di stracciare il fragile tessuto diplomatico mediorientale qualora gli Usa intavolassero di nuovo un negoziato con l'Iran.

Per impedire una tale deriva, Netanyahu e MBS stanno intensificando i loro legami per condizionare la nuova amministrazione imbottita di reduci dell'era Obama, giudicato un ingenuo pacifista calabrache infinocchiato dagli ayatollah, o addirittura un filo-iraniano. Durante la presidenza Trump l'Iran piu' volte ha cercato di riaprire il dialogo con gli USA dopo la reintroduzione delle sanzioni, ma senza successo. Anzi l'eliminazione del generale Soleimani uomo forte del regime teocratico ha messo in chiaro che l'appeasement di Obama rappresentava il passato remoto. Del resto l'Iran aveva cercato di provocare un'escalation con attacchi a petroliere e installazioni petrolifere saudite ed emiratine. Israele dal canto suo ha condotto assassinii mirati di scienziati nucleari e piu' di recente di un terrorista dell'ISIS stranamente residente a Teheran. Le tensioni non sono finora sfociate in un conflitto piu' ampio, perche' Trump aveva garantito il sostegno degli Usa ai suoi alleati nel Golfo. Se tale garanzia venisse indebolita, un Netanyahu che si trova ad affrontare l'ennesima tornata di elezioni anticipate, potrebbe essere tentato dalla soluzione drastica.

l'Iran dal canto suo sta intensificando le azioni aggressive. Per rintuzzarle e dissuadere Teheran da ulteriori esclation il Pentagono ha inviato un un gruppo d'attacco con portaerei nel Golfo Arabico e ha schierato uno squadrone di caccia in Europa. Domenica scorsa ha annunciato che sottomarino armato di missili ha varcato lo stretto di Hormuz. Insomma tra provocazioni e reazioni Biden potrebbe avere un grosso felino da pelare appena insediato.

15 dic 2020

Hunter Biden, da Cacciatore a Preda





A piu' di un mese dall'inaugurazione di Joe Biden alla Presidenza degli Stati Uniti, i venti degli scandali gia' infuriano sui cieli di Washington. Il figlio Hunter, ha ammesso di essere sotto indagine di un Grand Jury per una evasione fiscale connessa ai rapporti con un fondo di private equity legato al governo di Pechino. Della vicenda aveva scritto il New York Post a ridosso delle elezioni, ma la notizia era stata censurata da giornali, televisioni (eccetto Fox News) e social media tutti schierati a favore di Biden. In Italia la cortina di silenzio e' stata ferrea. Al massimo qualche vago accenno in TV e un trafiletto ben celato nelle pagine interne.
Addirittura 50 personalita' con esperienza a livello senior nell'intelligence americana avevano firmato un documento in cui affermavano che si trattava di un'operazione di disinformazione orchestrata dai russi. Adesso che la notizia e' stata confermata questi esimi esperti di controspionaggio sono spariti dal radar mediatico.

La faccenda e' politicamente esplosiva perche' l'influenza della Cina sulle istituzioni e sull'economia americana da alcuni giorni e' stata posta in una luce sinistra da inchieste giornalistiche che coinvolgono deputati del Partito Democratico finiti nella rete di giovani spie cinesi che raccoglievano fondi per le loro campagne elettorali e che si infilavano persino sotto le loro lenzuola. Nella rete e' cascato come una pera Eric Swalwell, uno dei giovani astri nascenti dei Democratici. Paradossalmente era un critico feroce di Trump che accusava con veemenza di collusione con paesi stranieri. Dal gennaio 2015 era membro dell'House Permanent Select Committee on Intelligence (il Copasir americano) del Congresso dove si esaminano tutti i segreti piu' scottanti per la sicurezza nazionale. La Speaker della Camera Pelosi, pur informata delle relazioni pericolose di Swalwell con sospetti agenti stranieri, non lo ha rimosso dalla carica delicatissima.



Neanche Wall Street e' stata risparmiata: le grandi banche e i fondi hanno da tempo enormi interessi in Cina e quindi il governo cinese utilizzava il canale dell'alta finanza di New York per esercitare pressioni sui politici a Washington. Secondo Di Donsheng, professore alla Renmin University in Beijingcon, la presidenza Trump queste interferenze hanno trovato un ostacolo insormontabile perche' le relazioni tra Trump e Wall Street erano poco cordiali, anzi decisamente burrascose per faccende risalenti al soft default delle sue societa' immobiliari. Ad esempio durante la guerra commerciale USA-Cina Wall Street non ha toccato palla. Quanto al Presidente eletto Joe Biden (o Bidon?), sara' arduo insistere di non sapere alcunché degli affari del figlio Hunter (fonte costante di imbarazzo per la famiglia tra droghe e donnine allegre). E sara' ancora piu' difficile negare che nelle posizioni chiave dell'Amministrazione entrante sono state nominate personalita' notoriamente filocinesi.

Lunedì scorso, John Ratcliffe il direttore della National Intelligence degli USA (la rete di contro spionaggio) aveva affermato, in un'intervista a Tucker Carlson Tonight su Fox News, che sebbene la Cina non abbia ancora raggiunto gli Stati Uniti come la più grande superpotenza del mondo, i politici devono preoccuparsi dell'incombente minaccia che l'Impero di Mezzo rappresenta. L'intervista ha echeggiato il recente discorso di Mike Pompeo, Segretario di Stato, in sostanza un durissimo atto d'accusa alla Cina e al suo obiettivo di soppiantare gli Usa come potenza dominante attraverso furti di tecnologia e altri mezzi fraudolenti o poco ortodossi. Persino alla Nato e' scattato l'allarme rosso. Insomma il Chinagate come ormai viene definito lo scandalo potrebbe risultare fatale per la Presidenza Biden ancor prima di cominciare. I Repubblicani spingono per la nomina di un Procuratore Speciale che faccia luce sulle tresche della Famiglia Biden. Kamala Harris in questi giorni e' stranamente assente dalla scena. Forse e' impegnata a scaldarsi a bordo campo.

13 dic 2020

L'Armata Brancagrillone all'Assalto del Recovery Fund





Finita la pagliacciata sulla riforma del Mes, su cui i duri e puri grillini si sono rivelati ancora una volta mosci e infetti, il governo Bis-Conte - Casalino e' stao investito dallo tsunami di reazioni negative alle sue mire sul Recovery Fund (o Next Generation EU come e' stato ribattezzato). Al pensiero di mettere le mani sui 200 miliardi gentilmente concesso dalla UE, le ghiandole salivari di tutte le scimmie al volante hanno preso a secernere ettolitri di liquidi, ma ovviamente la lotta per il bottino sara' senza escursione di cannonate.

Conte ha creduto di poter accentrare il potere decisionale a Palazzo Chigi attraverso la "cabina di regia" affidata a 6 managers e 300 sottoposti tutti nuovi di zecca. Ma ovviamente il resto della casta ha bloccato quello che considera una rapina politica in piena regola. Renzi in particolare nel dibattito in Senato ha attaccato Conte a testa bassa, ma anche il PD, con Zingaretti, Delrio & Compagni ha minacciato di far deragliare tutto il governo, se i vari potentati dovessero restare a bocca asciutta.



Al momento si stanno gettando le basi per defenestrare Conte (la vaselina per la bisogna si chiama "verifica" come ai tempi del CAF) e sostituirlo con un governo tecnico. Persino Salvini si accoderebbe oltre ad un discreto numero di fuoriusciti grillini desiderosi di mantenere la cadrega fino al 2023. Insomma la parabola di Conte non e' entrata nella fase discendente, bensi' nella fase di schianto con il terreno.

11 dic 2020

I Sudditi Tramortiti





Lo slogan ad alto impatto mediatico dell'annuale Rapporto Censis 2020 e'

"Meglio Sudditi che Morti"

Il volume, come sempre, e' corredato da decine di tabelle che illustrano i risultati del sondaggio e da cui vengono distillate analisi sociologiche che fotografano l'umore del paese. Gl'Italiani confusi e psicologicamente tramortiti dalla pandemia preferirebbero assoggettarsi a disposizioni autoritarie pur di salvarsi dal pericolo del Covid.


Quasi il 60% della popolazione e' disposto a rinunciare alle liberta' personali per tutelare la salute collettiva. Il 38,5% e' rinuncerebbe ai diritti civili in cambio di un maggiore benessere economico. Il 77% chiede pene severissime per chi non indossa le mascherine e non si attiene ad altre misure di prevenzione, come il divieto di assembramento. Contrariamente alla vulgata diffusa dai media, i giovani hanno un atteggiamento piu' severo degli anziani sulle punizioni. Insomma gli aperitivi, la movida e le discoteche non riflettono il comportamento della stragrande maggioranza dei giovani. Questi dati spiegherebbero, almeno in parte, la popolarita' del governo nonostante i danni inflitti dal lockdown alle attivita' economiche e le limitazioni alla vita normale, nonostante la prospettiva sempre piu' concreta di una bancarotta dell'Italia di cui abbiamo parlato pochi giorni fa.